L’Investitore e i mercati – Parte prima

bruegelIn questo articolo e nei due successivi verranno gettate le basi per uno schema integrato di comprensione dei mercati, basato su tre pilastri fondamentali: valore/convenienza, psicologia/comportamento, cicli. La connessione fra questi tre aspetti porterà il lettore a chiare implicazioni operative, di medio e di lungo periodo. E’ solo la scarsa lucidità nell’analisi del qui e ora che porta sui mercati all’errore e alla perdita.

Poiché è il principio della convenienza oggettiva a guidare le decisioni umane, in modo particolare nelle attività economiche, questa logica rappresenta sicuramente un modo razionale – e quindi efficiente – e pertanto vantaggioso in termini di redditività, di allocazione del proprio patrimonio finanziario. La preservazione e crescita del patrimonio, da cui dipendono spesso molte variabili del futuro, va gestita con la stessa consapevolezza con cui l’amministratore di una buona e solida azienda gestisce le risorse finanziarie dell’azienda stessa: con oculatezza, attenzione, controllo del rischio, valutazione della controparte, sfruttamento delle opportunità.

Definiamo innanzitutto i concetti base di strategia e tattica:

  • strategia è il processo di determinazione degli obiettivi operativi primari, nonché l’adottare e lo sviluppare un preciso tipo di allocazione di quelle risorse (nel nostro caso finanziarie, personali, di know-how ecc.) necessarie al raggiungimento di questi obiettivi;
  • tattica è il processo di traslazione degli obiettivi strategici generali in una serie di singoli sotto-obiettivi specifici, i quali si riferiscono a ciascun singolo componente del piano operativo.

Perché una strategia sia coronata da successo, essa deve incorporare tutte le risorse psicologiche, tecniche e finanziarie a disposizione; in termini metaforici, la strategia è il bersaglio e le specifiche tattiche (operative) sono le frecce che permettono di colpirlo.

La questione concreta che può sorgere è se per l’investitore sia realmente possibile separare emotivamente e concretamente l’obiettivo di fondo (un’operatività profittevole) dagli effetti potenzialmente traumatici (almeno sul breve) del subire una perdita: la risposta più credibile, se non l’unica, sta nel crearsi un forte supporto psicoemotivo e nell’adottare, nel processo di decisione operativa, un trading system (inteso come insieme di regole operative in senso lato, comprese le tecniche di money management) adatto ai propri obiettivi e alle proprie caratteristiche.

Possiamo dire che i tre elementi essenziali per perseguire con una ragionevole probabilità di successo l’operatività sui mercati finanziari sono:

  1. gli obiettivi;
  2. il metodo;
  3. l’attivazione (lo sforzo).
  1. Obiettivi. Gli obiettivi devono essere tali da risultare compatibili con le proprie caratteristiche e con i propri mezzi: la loro determinazione procede attraverso cinque fasi distinte:

1) distinzione tra desideri illusori e reali possibilità;
2) esame degli errori;
3) definizione delle risorse necessarie allo scopo;
4) definizione del tempo necessario per raggiungere lo scopo;
5) trasformazione del desiderio realizzabile in obiettivo interiore concreto

  1. Metodo. Una volta stabilito un insieme di obiettivi concreti e realizzabili, e una volta che essi sono stati interiorizzati, è essenziale concentrarsi sulle strategie necessarie per raggiungerli: come detto prima, esse sono sintetizzabili nella formazione e attivazione di un substrato psicoemotivo, che sia di supporto all’operatività, e nell’adozione di un metodo.
  1. Attivazione. L’attivazione consiste in una serie di meccanismi (substrato psicoemotivo) che devono servire all’operatore per mantenere i livelli di energia e concentrazione necessari a perseguire i propri obiettivi.

Essa passa attraverso tre fasi contemporanee e legate tra loro: salute fisica, mentale ed emotiva.

Lo scopo è quello di arrivare a vivere l’operatività non come perenne stato di combattimento e fonte di stress, ma come un processo normale, controllabile e con determinati prerequisiti ben noti, che ha come fine quello del raggiungimento dei propri, chiari obiettivi di money management.

In sostanza, una strategia di successo, per essere consistente e coerente con gli obiettivi che si prefigge, deve:

  • assumersi le responsabilità per tutti i movimenti del mercato;
  • prendere in considerazione le motivazioni personali dell’investitore/operatore;
  • permettere di operare per guadagnare (e non per non perdere);
  • stabilire obiettivi e formulare un piano d’azione;
  • controllare l’emotività;
  • creare punti di controllo;
  • essere congruente con la personalità dell’investitore/operatore;
  • essere automatica, decisionale e non richiedere sforzo;
  • controllare il rischio e limitare le perdite;
  • essere orientata al profitto (pratica vs. teoretica);
  • non permettere incertezze;
  • consentire di produrre risultati consistenti;
  • identificare le opportunità.

Una volta acquisita la coscienza di tutto questo, è evidente come il passo finale risieda nell’attivazione e nella gestione controllata del proprio metodo di operatività.

Un passo essenziale nella vita dell’investitore/operatore, come abbiamo visto, è la sua maniera di relazionarsi con gli altri investitori/operatori. Questo elemento assume un’importanza tanto maggiore, quanto più la propria relazione con i mercati fa parte del proprio tessuto lavorativo e professionale. La maniera di relazionarsi e di comunicare di chi fa parte del desk operativo o di analisi di una banca o di un grande operatore istituzionale, oppure di un private banker con i propri clienti, è molto più significativa e impattante della maniera di relazionarsi che ha un investitore privato con i suoi amici. Tuttavia, ci sono importanti punti comuni che apparentemente sono di importanza marginale, ma che invece possono – nel caso di chi lavora nel settore finanziario – incidere in modo importante nell’opinione altrui e quindi anche nel proprio percorso professionale.

Questi punti sono sintetizzati in questa tabella, che spiega – al di là delle parole – come vi vedono gli altri in base a cosa comunicate sul mercato:

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Come si vede, chi ha un approccio negativo in realtà non è visto particolarmente bene neppure quando ha ragione: la cosa migliore che si dice di lui è che è stato fortunato, il che in un ambito come quello finanziario forse è addirittura controproducente. La combinazione peggiore, ovviamente, è quando un ribassista incoccia in un mercato rialzista e non lo capisce subito: può tranquillamente rimetterci il posto.

Un approccio neutro non fa rischiare molto (il rischio è di prendersi dell’incapace in un mercato al rialzo) ma neppure provoca vantaggi: al massimo si è giudicati “prudenti”, il che poi non fa passare alla storia e non è quel gran complimento che sembra.

Ma la cosa più interessante è che quello che fa vincere sempre, che trasmette un impatto di immagine benefico e positivo, è l’approccio rialzista. Il massimo che si può dire di male di un rialzista, quando proprio sbaglia, è che è stato sfortunato: ma gli sfortunati, si sa, ci fanno sentire un po’ migliori e fanno simpatia. Quando poi il rialzista è confortato da un mercato positivo non vi sono limiti: diventa un guru e il salto di carriera è assicurato.

Perché questo accade? Per due motivi molto semplici, uno di carattere psicologico e uno di carattere pratico.

Il rialzo, sui mercati, è identificato con il guadagno e con la positività. In realtà questa è una tara psicologica, in quanto il guadagno e la positività dovrebbero invece essere identificati con l’assunzione delle scelte giuste e delle posizioni ottimali, non con un bias (orientamento) aprioristico. Personalmente ho fatto una particolare fatica a comprendere questo punto per il fatto che ho iniziato a operare sui mercati dei cambi (dove il valore di una valuta è semplicemente il reciproco di un’altra e quindi essere rialzista sul dollaro, ad esempio, significa necessariamente essere ribassista su un’altra valuta e viceversa) e dei tassi di interesse, il cui trend non ha connotazioni particolari.

Il motivo pratico è che il sistema finanziario è una gigantesca selling machine: e qualunque strategia di vendita ha bisogno in primo luogo di compratori, in secondo luogo di motivazioni e in terzo luogo di idee. Tre fattori che proliferano in un mercato al rialzo ma che scarseggiano (e con loro le commissioni) nei mercati al ribasso, dove chi ha i titoli non li vuole vendere in perdita (e quindi non libera denaro per nuove operazioni), mentre chi non li ha teme di essere incastrato ed è restio a comprare.

Fine Parte Prima

L’Investitore e i mercati – Parte prima ultima modifica: 2015-02-15T13:13:38+00:00 da Francesco Caruso