2.2014 – Il letargo delle commodities

LE MATERIE PRIME – Le commodities sono qualcosa di intrinsecamente differente dai bonds o dalle azioni: non pagano interessi o dividendi, non permettono di esercitare poteri decisionali nei board. Vanno quindi capite, per prima cosa, nella loro natura: sono mercato allo stato puro, legge della domanda e dell’offerta legata a qualcosa di estremamente tangibile, metalli, pancette di maiale, grano, vitelli. Le commodites non sono (a parte, forse, l’oro che è la valvola di depressurizzazione delle tensioni finanziarie globali) manipolabili dalle banche centrali, dagli acquisti a mercato aperto o dalla variazione di tasso. Se c’è un qualcosa a cui rispondono, è semmai il ciclo dell’economia reale, dove il termine “reale” è specifica non da poco, in quanto non prende in considerazione le riprese economiche innescate da stimoli puramente monetari e quindi virtuali. Detto in altri termini: quando le ciminiere delle fabbriche fumano e la produzione gira a pieno regime, cioè nella fase finale di un normale ciclo di espansione, nella maggior parte le commodities (almeno quelle legate al ciclo produttivo) brillano: non in quanto ipotetici mezzi di protezione dall’inflazione, ma in quanto strumenti fisici su cui la domanda è maggiore dell’offerta.

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LA STORIA RECENTE – I maggiori utilizzatori di materie prime sono BRIC, Asia, America Latina, in generale i mercati che rientrano sotto l’indicazione generica di “emergenti”, che rappresentano oltre metà del PIL mondiale e molto di più in termini di popolazione. Dopo la fiammata che è culminata nel boom del 2007-inizio 2008 (seguito dal crollo del 2008, che ha accomunato commodities e borse), le materie prime hanno vissuto due grandi fasi: la prima – di ripresa – fino a inizio 2011, culminata con il massimo dei metalli preziosi; la seconda, da inizio 2011 ad adesso, di lento stillicidio ribassista, intervallato da correzioni positive di breve termine.

L’analisi della performance di cinque tra i principali fondi di investimento presenti sul mercato europeo conferma le difficoltà: negli ultimi tre anni, il rendimento è stato negativo per una media annua tra il -5% e il -11%, in linea del resto con quello dei principali indici.

LYXOR ETF CRB COMMODITY   INDEX EUR FR0010270033 -10.54% -7.63%
CREDIT SUISSE COMMODITY   ALLOCATION EUR LU0499368180 -11.52% -9.69%
DWS COMMODITY   PLUS EUR LU0210304068 -15.86% -10.87%
JULIUS BAER COMMODITY   FUND EUR LU0244125125 -10.35% -5.70%
UBS ROGER INT.   COMMODITY INDEX EUR LU0239752115 -8.68% -5.82%

 

Le commodities hanno quindi interrotto bruscamente negli ultimi anni quel processo di repricing che molti consideravano “secolare”, iniziato nel 2001 e per ora culminato nel 2011.

A partire da inizio 2011, la correlazione che aveva comunque legato materie prime e borsa nel decennio precedente si è bruscamente interrotta e anzi si è rovesciata. Perché? La risposta non è certamente semplice e non può essere ricondotta a un solo fattore. Tuttavia, un ruolo importante è stato certamente giocato dalla politica delle banche centrali di molti paesi.

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I PERCHE’ DEL LETARGO – L’andamento dell’indice generale delle commodities risulta strettamente correlato con l’indice azionario dei mercati emergenti, i quali a loro volta – nonostante tassi di crescita nettamente superiori – hanno sottoperformato negli ultimi tre anni i mercati azionari dei paesi “maturi”, meno performanti in termini di PIL ma sostenuti da prolungate politiche economiche di espansione della base monetaria e di sostegno agli asset finanziari. Si può quindi dire che quella che appare come una semplice correlazione statistica abbia un senso più profondo: le economie più finanziarizzate (o meglio: i loro mercati) hanno prevalso nella lotta per l’attrazione del capitale sulle economie piu’ legate al ciclo economico.

CRB e S&P
Sul grafico: CRB Index e S&P500: andamento comparato (base 31.12.1999 = 100)

Come detto all’inizio, le materie prime sono tipicamente legate alla parte finale del ciclo (“back end-of-cycle”). Pertanto, la questione basilare che potrà essere risolta solo dai mercati e valutata solo attraverso la loro azione, è se la lunga coda di ripresa fittizia tenuta in vita dal QE e dalle strategie similari si trasformerà in ripresa economica a tutti gli effetti o se, una volta finita una somministrazione di stimoli che non può certo durare all’infinito (gli avvisi della FED in proposito sono stati chiari), mercati e economie reagiranno in malo modo.

I POSSIBILI SCENARI – L’opinione di chi scrive è che fino a che l’ambiente economico sarà caratterizzato da inflazione in discesa e immissione di liquidità, difficilmente si potranno vedere rialzi strutturali. Successivamente, la reazione alla conclusione progressiva degli stimoli monetari potrebbe essere inizialmente negativa per molte classi di asset, commodities comprese (ferma restando la disomogeneità di andamento tra commodities di diverso tipo). Questo calo, tuttavia, dovrebbe portare alla formazione per molte materie prime entro il 2015 di un minimo ciclico molto importante e della continuazione del processo di repricing secolare a cui si è accennato sopra, legato anche a una ripresa della forza dei mercati azionari di BRIC e economie emergenti nei confronti delle economie occidentali.

Processi di questo genere, tuttavia, intervengono in finestre temporali piuttosto lunghe, per cui è difficile e forse anche poco conveniente cercare di anticiparli. A posteriori, ad esempio, pochissimi avrebbero pensato a inizio 2011 che i mercati sarebbero andati incontro a tre anni di sottoperformance delle borse di BRIC e Emergenti, rispetto a Europa e USA. Questo trend non sembra accennare a modificarsi.

2.2014 – Il letargo delle commodities ultima modifica: 2014-02-10T10:23:42+00:00 da Francesco Caruso