In “Elle” questo suo tratto esce, anche se smorzato da una interpretazione essenziale e quasi altera di Isabelle Huppert, ma lascia gradatamente il posto a una freddezza fotografica. Il film lascia interdetti in alcuni passi (l’identità scontata del violentatore, la figura del figlio in totale crisi di negazione della realtà), ma apre a riflessioni molto meno superficiali della trama stessa, come quella del parallelismo tra il videogame creato dalla società di cui la Huppert è capo e lo spaccato etico della classe sociale dei protagonisti, dove l’unica morale (?) che emerge è quella dell’amoralità e della ricerca di emozioni come unica molla comportamentale. Tutto è (auto)permesso, tutto è (auto)giustificato, persino il danno fisico è meglio curarlo in casa per evitare domande scomode, la morte e altri eventi chiave vengono vissuti come incidenti nel percorso di soddisfacimento delle proprie personali manie. In questo senso, e sempre se questo è il senso e non una mia sovrainterpretazione del film, “Elle” è un freddo atto d’accusa verso una società bidimensionale, fatta solo di ego e di piacere, dove lo spessore della morale è azzerato. Comunque da vedere, se non altro per esprimere una valutazione personale.
* = INGUARDABILE
** = MEDIOCRE
*** = BUONO
**** = DA VEDERE
***** = GRANDE FILM
****** = CAPOLAVORO ASSOLUTO