La prima metà del 2010 si chiude con un bilancio negativo per tutte le borse principali, che tuttavia in queste ultime sedute hanno messo a segno una vivace reazione. Il quadro tecnico, a mio avviso, resta una “No man’s land“, una terra di nessuno, ma – se non altro – il movimento delle ultime settimane ha aiutato a definire con assoluta precisione i punti di controllo sui quali è importante concentrarsi nel prossimo futuro. Esistono fasi, sui mercati, dove breve e lungo periodo sono così strettamente interconnessi tra loro da permettere l’individuazione di livelli che – rompendo formazioni di medio-breve – creano disequilibri tali da impattare e ridefinire (o innescare) le tendenze di lungo. Sui mercati azionari, questo è uno di quei rari momenti.

I livelli a cui faccio riferimento sono due aree di resistenza e due aree di supporto – rispettivamente 2750-2800 (resistenza) e 2500-2450 (supporto) per l’Eurostoxx50; 1100-1120 (resistenza) e 1040-1020 (supporto) per il mercato leader, l’S&P500. Il comportamento del mercato in relazione alla fuoriuscita da queste fasce laterali di circa il 10% avrà un impatto non da poco sullo svolgimento dei prossimi mesi.

Perché queste aree sono importanti? E’ molto semplice. Successivamente al minimo di Marzo 2009, il grande rally (ricordo: il più forte degli ultimi 50 anni in termini di prezzo/tempo) si è gradatamente esaurito tra Ottobre 2009 e Aprile di quest’anno. Sui principali indici azionari si è venuta a creare una fase laterale che ha avuto diverse inclinazioni a seconda della forza di ciascun mercato. Per gli indici americani e per il Dax si è trattato di minimi e massimi a salire, per altri mercati – tra cui molti europei, compreso l’Eurostoxx50 – si è trattato di movimenti laterali o di sequenze massimi-minimi in discesa. Il calo che da Aprile ha portato ai minimi di Maggio e inizio Luglio ha ulteriormente complicato la situazione, in quanto ha peggiorato il quadro bottom-up dei mercati ed ha causato (o sta causando) l’incrocio al ribasso di medie di grande importanza. Inoltre, come spiegato a fine giugno in “POINT BREAK“, secondo due metodologie tecniche che presentano una grande efficacia statistica (Point&Figure e Bollinger Bands), sia il mercato leader americano sia l’ES50 hanno generato segnali ribassisti importanti. Tuttavia, sull’altro piatto della bilancia vi sono elementi che giocano a favore delle borse, primi fra tutti un esame storico delle valutazioni – in termini reali l’equity dei paesi occidentali vale mediamente oggi un 60-70% in meno di quanto valeva nel 2000! – e un esame della struttura dei cicli di recupero, che di solito – anche in fasi di secolarità negativa – sono più lunghi e ampi di questo.

Ecco che, a questo punto, entrano in gioco i livelli citati sopra. La loro importanza non è “tecnica”, quanto comportamentale. Per essere ancora più chiaro: una chiusura settimanale dei due indici principali sotto i supporti non solo confermerebbe uno scenario negativo di medio-breve, ma scoperchierebbe un potenziale piccolo vaso di Pandora. Difatti, il movimento a zig-zag delle ultime settimane ha “scaricato” completamente gli oscillatori e gli indicatori, che ora si trovano in zona neutrale. Inoltre, tutti gli operatori e gli investitori che hanno provato a fare il “buy on dips” negli ultimi 9-12 mesi, in caso di rottura al ribasso si troverebbero in perdita e avrebbero problemi a mantenere in piedi strutture di portafoglio rialziste. Insomma, una rottura ribassista porterebbe a un disequilibrio che farebbe sicuramente impennare la volatilità. Il grafico settimanale dell’ES50 evidenzia l’RSI a 50 (metà scala), il momentum veloce neutrale e piatto e le medie piegate al ribasso che passano proprio per la parte mediana (2750-2800) del canale di standard deviation a un anno. Questa mediana è la porta di uscita dalla struttura negativa che ho descritto prima. Tecnicamente ci sono ostacoli più forti verso l’alto che verso il basso, anche perché gli anni che finiscono in zero sono storicamente più difficili degli altri, specie fino all’autunno. Al mercato, quindi, l’onere di provare la propria forza e di riportarsi in un trend costruttivo anche se va ribadito che – in un rapporto storico con diverse altre classi di asset – l’equity certamente non è cara, anzi.

A riprova di questa affermazione, ecco qui sotto il grafico di lungo periodo del Dow con un indicatore di sopra/sottovalutazione molto semplice ma efficace. Tra l’altro, si puo’ osservare bene come – nel ciclo decennale – gli anni più difficili siano quasi sempre i primi, mentre la fase centrale (dopo la metà) sia spesso la migliore.

Update – No Man’s Land ultima modifica: 2010-07-09T08:57:15+00:00 da Francesco Caruso