Incongruenza dei portafogli bilanciati nel 2022: una bomba a orologeria

Il Punto di Lagrange - numero 1

La difficile partenza d’anno di diversi indici, tra cui la tecnologia USA, e il contestuale calo delle obbligazioni riaprono zone d’ombra che sembravano dimenticate: o, meglio, deliberatamente sepolte sotto lo tsunami di liquidità delle Banche Centrali.

  • Il sistema del classico portafoglio bilanciato azioni/obbligazioni si è rotto.
  • Le obbligazioni sono da lungo tempo oscenamente costose e non sono più in grado di coprire il rischio delle azioni
  • Le azioni sono parecchio costose (specie in certi segmenti) e rischiano grandi drawdown
  • La falsa diversificazione porta a una profonda fragilità del portafoglio

I portafogli bilanciati sono stati il porto sicuro degli investitori per decenni, praticamente il loro stato standard. Per decenni essi hanno realizzato rendimenti aggiustati per il rischio molto migliori rispetto ai pure-play azionari e obbligazionari, rendimenti solo marginalmente inferiori rispetto a quelli del long-only puro azionario, ma per una frazione della volatilità.

Tuttavia, nei prossimi anni, è improbabile che le obbligazioni salveranno la performance dei portafogli durante le tempeste dei mercati azionari. Dopo un rally di alcuni decenni, le obbligazioni hanno raggiunto il limite zero sui tassi di interesse e qualsiasi aumento di prezzo da qui è matematicamente compromesso, limitato nel tempo e nello spazio.

Anche se i tassi salissero marginalmente, come potrebbe avvenire in alcuni paesi, il rischio di far scoppiare la bolla dell’indebitamento e la scarsità delle cedole non permetteranno di bilanciare per molto tempo i rischi. Se un’altra bolla Dot-Com scoppiasse (come nel 2000-2002), o se si verificasse un altro evento tipo Lehman (2008), un febbraio 2018 (volatility crunch) o un marzo 2020 (black swan esogeno), la perdita per i portafogli bilanciati sarebbe molto maggiore rispetto ad allora. In gran parte, questo è un sottoprodotto della fragilità di mercato creata da un decennio di incessante interventismo da parte delle banche centrali e da una forte manipolazione della price discovery sulle attività quotate in borsa. Questo ha generato cicli di feedback positivi in tutto il sistema di mercato (dall’eccessiva assunzione di rischi e leva finanziaria, all’assenza di copertura e garanzia sui prestiti, alla mania dei buyback, alla frenesia delle IPO, al rialzo febbrile delle meme stocks), mandando il mercato molto lontano dallo stato di equilibrio.

Coloro che sostengono che il rally azionario è sostenibile sulla base di solidi fondamentali economici che si concretizzeranno nei mesi e anni a venire (mentre varianti e vaccini si susseguono), sapranno certamente rispondere alle seguenti domande: che dire degli oltre 20 trilioni che ci hanno portato qui? Che dire dei rendimenti zero, che non proteggono, non remunerano e costringono meccanicamente gli investitori a scegliere altre asset class? Questo è un processo domanda/offerta reale? Questo processo di formazione dei prezzi sui mercati è equo? Quanto dei prezzi odierni di obbligazioni e azioni è attribuibile a questo? Quanto degli oltre 20 trilioni è replicabile in futuro? A quale efficacia marginale? In tal caso, quale velocità di fuga e inflazione di pareggio sono necessarie per farci uscire dal buco profondo del debito?

Ulteriori dilemmi: come facciamo a sapere quanta stampa virtuale di moneta è sufficiente? Quanta divergenza tra economia reale e mercati finanziari è sostenibile? E cosa succede se siamo vicini a un punto di svolta in entrambi?

La seconda prova è l’applicazione della matematica pura alla più grande classe di attività del pianeta: le obbligazioni. Il prezzo di un’obbligazione è inversamente correlato al suo rendimento. Il rendimento è (era) ridotto a zero o poco sopra. Quando il rendimento è zero, la duration è uguale alla scadenza ed è la più lunga possibile. Quando il rendimento è sotto zero, l’obbligazione va ancora alla pari – inevitabilmente – alla scadenza, il che significa che il rendimento negativo non è altro che una tassa: non si può fare nulla per cambiare la matematica dello strumento. Ciò significa che i prezzi delle obbligazioni non possono aumentare ulteriormente quando i rendimenti raggiungono il limite zero dei tassi di interesse, come ancora su gran parte dei bond governativi europei. Possono avere momenti di gloria e mark-to-market momentaneamente positivi; ma quelli sono guadagni fugaci, guadagni di carta, che svaniscono quando il titolo si avvicina alla sua maturità legale. Tranne se le banche centrali acquistano le obbligazioni con rendimenti negativi, come hanno fatto per lungo tempo e ancora in parte fanno.

Tuttavia, questo è solo un sussidio (e un paradosso inutile). In altre parole, una tassa prima, un sussidio poi, l’illusione di un profitto, il miraggio di una classe di asset, il pio desiderio di un’intera base di investitori. Insomma, un gigantesco paradosso. Dal punto di vista della gestione del rischio, il più grande fallimento della teoria, la catastrofe di una posizione con la più grande convessità negativa. L’opposto, l’esatto opposto di una decisione di investimento razionale.

Niente di tutto ciò è nuovo – abbiamo visto tassi zero e tassi negativi fin dal 2016 – ma vale sempre la pena ricordarci della loro follia e futilità. Niente di tutto questo vuol dire che i tassi zero spariranno domani. In effetti, probabilmente non spariranno, specie se l’inflazione e/o la crescita dovessero calare. Il punto è sottolineare l’inadeguatezza dei portafogli bilanciati, inadatti ai mercati di oggi, ricordandoci come sono passati dall’essere i porti sicuri dei capitali a bombe a orologeria.

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Incongruenza dei portafogli bilanciati nel 2022: una bomba a orologeria ultima modifica: 2022-01-18T15:14:44+00:00 da Francesco Caruso