Voglio dividere le cose in tre parti: passato, presente e futuro.

Il passato lo conosciamo tutti e per me è testimoniato anche nei report che produciamo per la Community di Cicli&Mercati che contengono, come tutti i prodotti della mente, cose buone e cose meno buone. Ma alcune cose dette (e scritte) ripetutamente tornano fuori con estrema violenza durante questa fase di crisi.

La prima è quella delle tre sindromi, a cui il mercato aveva abdicato negli ultimi anni. La sindrome dello struzzo (vedo il pericolo ma faccio finta che non ci sia), la sindrome della rana bollita (la temperatura sale ma sale lentamente e non me ne accorgo) e la sindrome del passivo remissivo (non riesco a battere i mercati, quindi mi rassegno a una allocazione passiva). Ognuna di esse ha contribuito a creare la situazione attuale.

La seconda cosa è la straordinaria, incredibile bolla che si è creata sul reddito fisso e in generale su tutto ciò che riguarda la parte puramente finanziaria e non reale dei mercati. È inutile tornare su queste cose che sono state già trattate e ritrattate in passato. Basta ragionare su ciò che fino a un mese fa pensavamo naturale e conveniente, come un decennale che rende meno di zero o un trentennale che rende 1%, per capire non solo che cosa è successo ma che cosa potrebbe succedere in futuro.

La terza cosa riguarda uno studio che avevo presentato a dicembre 2018 e poi riproposto in un aggiornamento video (sempre per la Community di Cicli&Mercati) di poche settimane fa, che riguardava le decadi. Già in dicembre 2018 ci chiedevamo che cosa sarebbe potuto essere il “grande evento di chiusura” della decade. In quel momento avevamo ipotizzato che fosse la bolla dei mercati obbligazionari: a questo punto diciamo che avremmo voluto avere ragione.

La storia si ripete
L’evento chiave di questa fine decade, che quindi va a unirsi al crollo del muro di Berlino e alla guerra del Golfo, alla straordinaria bolla della tecnologia e alle Twin Towers, alla crisi Lehman e a un decennio di QE, è quello che stiamo vivendo adesso. Chi scrive questa nota ha vissuto molte crisi e in molti casi queste crisi sembravano senza via d’uscita. Poi – come la storia ha fatto vedere – la via d’uscita si è sempre trovata, anche se non per tutti allo stesso modo. Certamente questa cosa che sta succedendo adesso è quanto di più simile possa esserci a una guerra mondiale e cioè a un evento globale che mancava completamente alla memoria di alcune generazioni.

Ci sono considerazioni di un livello tale che sono inadeguate a questa sede perché possono essere messe in campo soltanto da chi queste cose le ha studiate e le conosce profondamente da tutta una vita. Chi vi scrive ha praticamente dedicato tutta la sua vita ai mercati e si trova adesso nella condizione di dover dire qualche cosa di scomodo sapendo che è la cosa più impopolare che possa essere ricevuta in questo momento.

I possibili sviluppi
Questo evento che noi stiamo vivendo ha fondamentalmente due possibilità di sviluppo. La prima è quella di un pattern più severo ma molto simile a quello del 1987, dove il crash fu assorbito in alcuni mesi di riaccumulazione e poi gradatamente ripreso, seppure con grande lentezza e con tempi molto diversi dai vari mercati.

Chi vi scrive ha vissuto quel periodo, ha vissuto in diretta tutta la questione della guerra del Golfo e vi può assicurare che per molti anni dopo il 1987 gli operatori vivevano ogni giornata di segno negativo con il terrore che si ripetesse quello che era successo. Questo estremo pessimismo può essere visto a posteriori come uno dei grandi carburanti del poderoso rialzo che ebbe luogo dal 1995 al 2000, in quanto per molti anni nessuno si azzardò a prendere i rischi proprio per il timore di un evento del genere.

Paradossalmente, il timore di un nuovo 1987 fece sì che una cosa del genere non si ripetesse almeno fino a che non ci fu un ricambio generazionale nella leadership dell’asset management. La seconda possibilità è che questo evento sfugga e si trasformi in qualche cosa di ancora meno controllabile della situazione attuale.

Uncharted territory
Al di là della quasi certezza della caduta in recessione ufficiale di quasi tutto il mondo, che probabilmente è soltanto una questione di ritardo nei dati economici che vengono pubblicati con un delay fisiologico, vi è la possibilità che la situazione attuale, quando anche si debba riassorbire nelle prossime settimane o mesi, presenti delle ricadute sotto forme diverse. Non ci sono veri paragoni per una situazione di questo genere perché il 1929 è un paragone fuori luogo in quanto si trattò di una crisi finanziaria.

Anche il 2008 è un paragone dissonante in quanto non solo si tratta di una crisi finanziaria ma esistevano delle condizioni di base diverse in quanto le banche centrali avevano molto più spazio di manovra rispetto a ora. Anche il periodo di crisi tra il 2000 e il 2003 non rappresenta un paragone corretto perché è vero – da un lato – che ci fu un evento-trigger (cioè le Twin Towers) che innescò quello che sta succedendo anche ora e cioè un collasso dei consumi, ma in quel caso la questione era una questione di natura emozionale e legata a una paura ben definita che era quella del terrorismo.

Nel caso attuale, invece, la paura non è emozionale ma è reale in quanto tocca la salute delle persone e quindi impatta in maniera drammaticamente profonda il loro stile di vita, le loro aspettative e quant’altro. Quello che in questo momento è davvero sbagliato è ragionare con i parametri del passato anche in termini di valutazioni perché le valutazioni per loro natura sono qualche cosa di prospettico in quanto esiste la possibilità concreta di affrontare la situazione attuale, con un futuro che si può presumere se non lineare quantomeno compreso in una certa gamma di possibilità. Tutto questo adesso è venuto meno. Provate a immaginare un analista fondamentale che in questo momento vi parla della prospettiva degli utili dei prossimi 5 anni come base di calcolo per la valutazione di una società.

Questo porta i mercati in quello che si chiama uncharted territory, cioè le terre inesplorate di un nuovo paradigma. Questa è la fine brutale di una serie di concetti che si basavano per esistere e proliferare su una serie di assunzioni che da questo momento in avanti non sono più reali. Questo è un punto di non ritorno. Ma soprattutto è il momento in cui il navigatore deve dimostrare di essere capace di navigare a vista perché le stelle non ci sono più. Per ora sono spente.

Stelle Spente ultima modifica: 2020-03-20T11:43:14+00:00 da Francesco Caruso