La Sindrome Concordia e i mercati del 2012 – Topical study

Ritengo questo articolo un “topical study” sui possibili scenari 2012. Chiedo quindi uno sforzo particolare per seguirmi lungo una strada fatta di numeri e di applicazione logica e metodologica.

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Lo spunto arriva dalla tragedia della Costa Concordia, cui tutti abbiamo assistito. Quanto è successo può, a mio avviso, essere schematizzato in una sequenza razionale non limitabile all’evento stesso, che chiamerò “Sindrome Concordia”.

Una situazione apparentemente normale e consolidata si tramuta, a causa di una serie di errori di valutazione e di leggerezze, in una tragedia, cioé in una sequenza rapida di eventi che porta al “worst case scenario”. Una volta preso atto delle conseguenze, reali e potenziali, vi è da parte di media e opinione pubblica l’individuazione acritica di due archetipi intorno a cui si coagulano i sentimenti: il Colpevole e l’Eroe. La realtà, anche ad un’analisi superficiale, è invece molto più sfaccettata. Il Colpevole – pur con tutte le sue innegabili e pesantissime responsabilità – non è altro che l’ultimo anello di una catena, la parte emersa di un iceberg di errori che hanno altra origine (nel caso specifico: l’accettazione da parte di tutti di una manovra inutile e palesemente rischiosa, che doveva essere vietata e il cui divieto doveva essere vigilato). L’Eroe non è altro che un uomo che, in una situazione di emergenza, si sa prendere le sue responsabilità e – aiutato da bravi collaboratori – fa bene e fino in fondo il suo dovere. La Sindrome Concordia è la tendenza a percepire una situazione in modo estremo, cioé dal punto di vista statistico in una delle due code della curva di distribuzione gaussiana.

Provate a cambiare eventi e nomi e otterrete facilmente, applicando questo schema, un perfetto spaccato di molte delle situazioni che, negli ultimi anni, sono state al centro delle vicende finanziarie e politiche nazionali e internazionali.

Uno dei paragoni intuitivi è quello con la crisi del debito pubblico europeo. Le cause arrivano da lontano e sono una mala gestio da parte di diversi paesi dei rapporti debito/PIL, l’accettazione da parte dei partecipanti di questo stato di cose come normale e il non adeguato controllo ed eventuale repressione da parte di chi aveva il compito di farlo. Lo scoglio è stato la crisi greca. La nave-balena spiaggiata è l’Europa monetaria, i debiti pubblici dei paesi in crisi e il meccanismo del credito. Piu’ complessa l’identificazione di Colpevoli e Eroi, ruoli dove si alternano – a seconda dei momenti e dei punti di vista – alcuni governi, alcuni enti sovranazionali (BCE, EFSF) e alcune entità astratte (gli Speculatori, i Mercati). Il risultato è assolutamente identico, con la divisione delle previsioni tra Bianco (soluzione della crisi e quindi opportunità di acquisto enorme) e Nero (sfaldamento dell’Euro e dell’Europa).

La realtà è più complessa. Suggerisco di leggere come incipit i due pezzi a mio avviso piu’ razionali e interessanti sul 2012, Fugnoli (Cinque quinti) e Bill Gross di Pimco (Verso il Paranormale). Coerentemente con la Sindrome Concordia, Fugnoli indica nei BTP decennali uno dei suoi cinque quinti di asset allocation (Bianco), mentre Gross definisce il debito pubblico italiano “Venus Flytrap”, cioé “pianta carnivora” (Nero). Entrambi hanno ragioni valide a sostegno.

Esistono due componenti nella formazione del rendimento di un’obbligazione: rischio tasso e rischio credito. Più sono alti, più l’obbligazione rende. In questo momento, il Bund tedesco non paga rischio tasso (l’idea è per un congelamento dei tassi a breve sia negli USA che in Europa fino a nuovo ordine) e paga rischio credito negativo, come prova l’ultima asta del BOBL breve tedesco (l’equivalente del nostro BOT) che ha dato rendimenti negativi. Il BTP, al contrario, paga un rischio di credito enorme e – a ben vedere – un rischio tasso simile a quello che ci sarebbe in caso di ritorno alla Lira. Entrambi sono giustificati solo in uno scenario di sfaldamento dell’Euro. In qualunque altro scenario, ripeto: qualunque, il Bund è un SELL OF A GENERATION mentre il BTP è quantomeno un HOLD per l’enorme carry trade (flusso di interessi) che genera. Il contrasto appare anche, evidente, dai grafici.

BUND, dati mensili
BTP, dati mensili

Il Bund è su una giuntura di vendita di lungo termine speculare a quella di acquisto del 1990, post-unificazione delle due Germanie. Il BTP è addirittura in una fase di discesa parabolica, che solo nelle ultime settimane mostra segnali di stabilizzazione. Proviamo a calcolare un tasso di interesse di equilibrio per il BTP in caso di non-crisi. I tre rendimenti sono: 1.8% (Bund), 6.5% (BTP), 3% (bond decennale EFSF). La media fra i tre è circa 3.75%. Lo spread sul top è stato 550 bp, ora siamo a 450. Fino a che i tassi a breve restano stabili e con aspettative stabili e non si aggrava la crisi, il BTP probabilmente dovrebbe oscillare in una forchetta tra 6.5% e 5.75% (dato dalla somma del rendimento del bond EFSF e 350-275 bp di spread). Questo implica un vantaggio sistemico e statistico nella posizione in BTP rispetto a quella in BUND. Il BUND per alcuni mesi rimarrà a ballare dov’è ora: vale 139, a 145-146 (se ci arrivasse) avrebbe incorporato tutto ma proprio tutto. Sotto 133 ha fatto il top. Se e quando la situazione si normalizzerà e i tassi saliranno, il BTP – è vero – non avrà spazio di salita: ma avrà molto più da perdere il BUND, in termini di rischio tasso e rischio credito. Sinceramente, dovendomi o volendomi creare una specie di assicurazione contro l’eventualità di uno sfaldamento dell’Euro e di un default a catena, sposo in toto l’idea di Fugnoli di farlo molto più che con il BUND attraverso il USD, borsa o cash, oltretutto per ragioni che vedremo in seguito.

La Sindrome Concordia si applica anche alle borse: crash inevitabile o occasione di acquisto generazionale, queste le view prevalenti. Tra l’altro, la volatilità, l’incertezza e la straordinaria presenza mediatica dei mercati negli ultimi mesi, sono fattori che hanno esasperato l’attenzione di investitori e operatori sui singoli movimenti di breve e brevissimo: ogni spunto al rialzo è visto come l’inizio di un Bull Market, ogni discesa anche intraday come l’inizio del crollo. La mia metodologia ciclica e i miei modelli quantitativi suggeriscono un approccio diverso, pragmatico. La base è la divisione del ciclo di lungo termine (la cui lunghezza può variare da minimo a minimo da 4 a 6 anni) in sei stadi e in un certo numero di fasi cicliche intermedie, 3 o 4 (rarissimamente 5) al rialzo e 1 o 2 (rarissimamente 3) al ribasso. Come avevo segnalato in un articolo del 7 Gennaio su Borsa & Finanza (Articolo B&F) e nei post precedenti dedicati ai mercati, Pensieri e La sottile linea rossa, le ciclicità di medio e di breve sulle borse supportavano il classico rally stagionale, con una particolare forza sui mercati USA espressi in USD e con target/resistenze posizionate sulla “linea rossa” del +10% rispetto alla media a 5 mesi. Nessuno degli stop indicati è stato toccato e gli indici si stanno dirigendo in quelle aree:  6600-6700 DAX, 2500-2600 ES50, 13100-13400 Dow, 1350-70 S&P. Anche l’Italia, finora debolissima, si sta svegliando e potrebbe recuperare fino a 16700-17100. Le implicazioni operative di breve sono chiare e derivano da questi numeri e dalla posizione/orizzonte temporale/grado di rischio di ciascuno di voi. La ragione del rally è ciclica (in un senso ancora più ampio, come spiego dopo) e tecnica: spaventatissimi, molti gestori hanno iniziato l’anno con un forte sottopeso (chi vi scrive ha applicato quello che dice ed è a benchmark da Novembre, sovrappesato sull’area USD) e ora si trovano nella posizione scomoda di inseguire il mercato, forzati dal rialzo a comperare. Probabile che, raggiunti nelle prossime settimane i target indicati e riportatisi tutti a peso, segua una correzione da “assenza di motivazioni”. Oltretutto, tutti sanno che il periodo Febbraio-Aprile è irto di problematiche relative ai vari debiti e statisticamente sono molto frequenti correzioni secondarie con minimi tra fine Febbraio e inizio Aprile. Ma come si colloca questo movimento nella struttura ciclica di medio/lungo periodo? La mia ipotesi di lavoro è che tutto sia perfettamente normale e che questo movimento NON SIA l’inizio di un Nuovo Ciclo Toro ma rappresenti la terza e conclusiva fase ciclica rialzista del Vecchio Toro iniziato nel 2009. Semplicemente, è in atto una PROFONDA DIVERSIFICAZIONE DI ANDAMENTO tra i mercati azionari, basata sulla differente situazione reale, per cui questa “normalità” è visibile solo sui mercati più forti, quelli americani. La diversificazione è perfettamente visibile in base alla posizione delle due grandi correzioni, 2010 e 2011. Come si vede dai grafici che seguono, i mercati USA hanno fatto registrare MINIMI CRESCENTI, mentre quelli europei MINIMI DECRESCENTI.

S&P, dati mensili e conteggio ciclico
ES50, dati mensili e conteggio ciclico

 

 

 

 

 

Questo andamento è sintomatico della diversa dominanza delle due aree: l’America segue finora un ciclo “normale”

mentre l’Europa segue un ciclo con uno skew secolare di indebolimento.

Per entrambe, il prossimo top ciclico di medio periodo rappresenterà l’entrata in sincronia con una sequenza di cicli discendenti di portata ben maggiore e aprirà a una delle fasi di massima criticità ciclica nella storia dei mercati. La posizione ciclica attuale è quindi questa:

Sul breve, la posizione delle borse è identificata attraverso questo grafico settimanale:

S&P, dati settimanali e conteggio di uplegs/downlegs di breve

Nel grafico si nota bene la SCOMPOSIZIONE dei movimenti ciclici di medio termine: le fasi negative sono tutte caratterizzate da DUE DOWNLEGS DI BREVE, mentre quelle positive possono essere caratterizzate da DUE A QUATTRO UPLEGS DI BREVE, a seconda che siano inserite in una fase Bear o Bull.

ORA SIAMO PERTANTO NELLA UPLEG 2 DI BREVE, ALL’INTERNO DELLA UPLEG 3 DI MEDIO. L’indicazione è precisa e univoca.

Questi prossimi mesi, quindi, saranno probabilmente per i mercati una sorta di Nirvana, inteso proprio come “stato di cessazione dal dolore” e di sospensione. Per ora, quindi, il rally è ciclicamente sostenibile, come provato anche dal mio Breadth Indicator, che misura lo spessore interno del mercato (sinteticamente: titoli al rialzo meno titoli al ribasso) e che è tornato in Gennaio in territorio positivo.

Veniamo a tre punti importanti: 1) quanto può durare; 2) dove può portare; 3) cosa può far capire che il Nirvana è finito.

1) quanto può durare – La prima upleg di medio del ciclo rialzista (2009>2010) è durata 10-13 mesi. La seconda (2010>2011) è durata 9-11 mesi. La terza ha avuto la sua originazione ufficiale in Settembre 2011 e la sua lunghezza standard sarà inferiore, 8-10 mesi, quindi il top ciclico è previsto tra Maggio e Luglio 2012. La possibilità che si arrivi a 11-13 mesi dall’originazione (Agosto-Ottobre) è legata più alla possibilità di una fase distributiva estesa che a ulteriori rialzi.

2) dove può portare – Attribuisco in questo senso un ruolo essenziale alla mia metodologia di calcolo algoritmico delle proiezioni 2012. Osservando le proiezioni di range pubblicate a suo tempo anche sul blog a inizio 2011

si nota che su moltissimi mercati i massimi e minimi dell’anno si sono EFFETTIVAMENTE COLLOCATI nelle aree indicate. Questo ovviamente non è casuale: i mercati, pur restando sostanzialmente imprevidibili nei loro andamenti, hanno un ordine matematico interiore. Centrerei la mia attenzione sui livelli del mercato-chiave, lo S&P: 1370, oltre che prima proiezione, è il massimo del 2011. Sopra si andrebbe verso 1460-70. Di seguito la tabella di forecast 2012 aggiornata.

3) cosa può far capire che il Nirvana è finito – Due cose: in questi primi mesi (quindi in caso di “aborto prematuro” della upleg, uno scenario che sarebbe a mio avviso compatibile solo con un fattore di crisi esogeno e attualmente imprevedibile), il ritorno sotto ai minimi di Gennaio e in particolare sotto a 1250-1205 S&P. Da Aprile in avanti, il ritorno al ribasso del modello su base mensile, quindi il ritorno dell’Investitore Disciplinato a una posizione “out” sulle borse.

Il mio Barometro Economico segnala un netto miglioramento negli USA (dove tutte le componenti sono positive, ad eccezione dei tassi a lungo) e un accenno di reazione (dato dal DAX che è tornato al rialzo) in Europa.

 

 

 

 

 

Il dato interessante arriva però dallo SPREAD tra le due economie (Europa meno USA), che è sui minimi degli ultimi anni.

Spread Europa-USA (sopra zero: Barometro Economico EU migliore e viceversa)
Euro/Usd, dati mensili

Quali implicazioni ha questo dato, osservando le evenienze simili del passato? Due su tutte: A) una conferma di una fase NON NEGATIVA delle borse nei 6-9 mesi seguenti; B) la storia dice che dopo questi apici negativi dello spread è SEMPRE seguita una fase di RAFFORZAMENTO DEL USD, a volte anche molto ampia. Del punto A abbiamo già detto; sul USD indico un target minimo 2012 a 1.23-1.20 (vedi proiezione 2012 sopra), con possibilità di raggiungimento di 1.15 e 1.08 in caso di crisi europea particolarmente acuta. Come si vede dal grafico mensile, l’EUR/USD è al ribasso. Dato che esiste un certo ipervenduto, il USD è da comperare gradualmente su correzioni di 3-5-8 figure dai minimi (quindi: 1.29, 1.31, 1.34).

Oro – dati annuali

Concludo con l’Oro. Il Messaggero Silenzioso ha concretizzato l’undicesimo anno consecutivo di segno positivo ma ancora non ve ne è traccia nei suggerimenti di acquisto: anzi, lo sport di moda è parlarne male. Si dice che l’Oro è in bolla: non è vero. Una bolla è caratterizzata da tre fattori: 1) accettazione universale della prosecuzione del trend (che non c’è e non c’è mai stata); 2) sovrappeso dell’asset nei portafogli (che non c’è e non c’è mai stato); 3) impennata del Rate Of Change a nuovi massimi (che non c’è mai stata). Quindi fino a prova contraria l’Oro si sta soltanto riposando, in attesa della Fase Tre, quella che la porterà ai suoi veri target e che probabilmente coinciderà con la prossima fase ciclica negativa delle borse. Nessuno può dire quanto durerà questa fase intermedia: intanto l’Oro anche quest’anno ha un segno positivo. Metodologicamente, quando il ratio fra S&P e Oro tornerà al ribasso e l’oro tornerà al rialzo sul modello, la Fase Tre avrà inizio. There’s no fever like gold’s fever. Sinceramente, tutto può essere ma io comincerei a ragionare in termini di ELEVATA IMPROBABILITA’ che l’oro torni mai più – ammesso che il termine mai abbia un senso sui mercati – sotto i 1250-1000 dollari/oncia. Chi ce l’ha quindi per ora se lo tenga come hedge naturale a eventuali crisi immediate (nel mio Portafoglio Perfetto, ad esempio, ha un peso standard del 25%) e chi non ce l’ha aspetti i segnali. Solo un ritorno del ratio S&P/Oro sopra 1 (esempio: S&P 1450, Oro 1400) potrebbe far cambiare gli scenari di lungo periodo: ma alla borsa, non all’oro.

La Sindrome Concordia e i mercati del 2012 – Topical study ultima modifica: 2012-01-19T19:58:48+00:00 da Francesco Caruso